congrega per i portatori di lutto
sino a due anni
szücs imre fu tenuto
in un canterano
se piangeva lo richiudevano con il cassetto
a sera nel biberon miscelavano della grappa di prugna
e se ne andavano di casa
il suo primo ricordo quando comprese
che dal gabinetto poteva attingere acqua
a cinque anni sua madre non lo fece entrare
“ho un ospite torna domani”
suo padre abitava dall’altra parte del paese
passavano uno vicino l’altro
come le lancette dell’orologio
aveva dieci anni quando il vicino
lo portò dal moncone della corda da cui suo padre fu tagliato - davanti ai testimoni – sopra un anfratto
siamo diventati amici solo nella settima classe
prima d’allora mi dava fastidio
come scrocchiava le sue dita
era crudele
con la lente bruciava i coleotteri rivoltati sulla schiena
per scommessa apriva la porta del bagno sulle maestre
suonava il contrabasso nel ziegheil
finché non gli feci vedere
ciò che scrisse hitler in una lettera sugli ungheresi
rimase calvo come novizio
dei crishna suonava il tamburo sulla piazza blaha
frequentava il piccolo bosco per meditare
sotto la corda dove suo padre finì la vita
per trent’anni non ci siamo incontrati
quest’anno aveva un lavoro eccellente
leggeva in costume da bagno
nella vetrina di un salone di tatuaggio
i soldi non toccava per principio
i spicci contava con i guanti da chirurgo
al mattino era un ubbriaco ebro
l’alcool cominciò a fargli male verso il pomeriggio
congrega per i portatori di lutto
quest’anno imi è diventato barbuto
i suoi denti di ferro arrugginiti dal acido gastrico
mi guardò al reparto intensivo "sto morendo
una settimana non mi va giù neppure l’acqua"
"per che accidente lo bruciavi sulle due estremità"
"faceva buio" rantolava
"non temo il tristo mentitore
ho paura dal cassiere"
la flebo si poteva inserirgli solo nel collo
sotto gli occhi borse grandi come la bustina di tè
"avevo un figlio bendegúz
un neonato di pelle trasparente pesava seicento grammi"
"voleva vivere
come mio padre
quando al posto della vita scelse la corda"
"dovresti dormire"
"ho paura"
"per il funerale non ti preoccupare" mi sussurrò
"ho donato il mio corpo all’istituto di anatomia"
"ti duole?"
"uso lamentarmi" gemette "solo davanti ai creditori"
"allora a me puoi lamentarti tranquillamente"
segnalò con un lungo sguardo che stava ridendo
con l’ovatta bagnata gli umidificavo le labbra
all’alba un’infermiera
discretamente
circondò il letto con due paraventi su ruote
al che piano ci siamo presi per la mano