(sul margine d’un referendum popolare)
c’è un paese
dove vivo
un flacone
sul niente
appeso
c’è una città
dove vivo
quante persone
anime
altrettante
quante anime
tanto scarto
dolore per
strada deposto
qui un lettino
tanto carino
seduta di là
la nonnina sta
dormendo
vecchio
armadio
sventrato
viso dall’edera
ricoperto
porta scomposta
senza maniglia
nullatenente
senza catena
fermo la guardia
come la canna
gamba marcia
sino
alla caviglia
qui un bel libro
di là una palla
‘sto è bor ancora
ma quest’altra
è già abda
non tutti
solo il grosso
chi tollera
chi è d’accordo
chi tollerava
chi era d’accordo
non tutti
solo il grosso
era domenica
come sempre
si vestirono
com’ s’addice
tanti laboriosi
prodi cittadini
non sono ruteni
e manco bulgari
così belli
un vero schianto
uno è inquilino
l’altro proprietario
ottennero un gran
successo
non sporcarono
manco per sogno
non tirarono
per il lungo
andarono a sentir’
il santo rito
senza rivoltar’
i cassonetti
non istigarono
neppure i cani
dopo la messa
avevan votato
s’ingozzarono
s’ubbriacarono
c’era del stufato
e anche il dolce
si saziò anche
l’Onnipotente
non tutti
solo il grosso
chi aveva tollerato
chi era d’accordo
chi tollera
chi è d’accordo
non tutti
solo il grosso
anche da me è dipeso
da me è dipeso
ieri è cominciato
il passato
è cominciato
è finito
c’è pace
c’è l’orrore
un flacone
sul niente
appeso
c’è un paese
dove vivo
chiamalo com’ si deve
servilo
ciecamente
oggi è ancora culla
oggi è già
vagone
Bor – città serba, presso cui Radnóti Miklós viene messo ai lavori forzati
Abda – città d’Ungheria, dove Radnóti Miklós viene giustiziato